La trasformazione della società non libera i soci dei debiti tributari pregressi

In caso di trasformazione omogenea progressiva (da società di persone in società di capitali),
l’art. 2500-quinquies c.c. (e, precedentemente alla riforma del diritto societario, l’art. 2499 c.c.) dispone che la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti pubblicitari di cui all’art. 2500 c.c., se non risulta che i creditori sociali abbiano dato il loro consenso alla trasformazione.

Il consenso può essere espresso o presunto. Può esserci consenso presunto, in base allo stesso art. 2500-quinquies c.c., quando i creditori ai quali la deliberazione di trasformazione sia stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento non lo abbiano espressamente negato nel termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione (cfr. Cass. 3 aprile 2008 n. 8530 e Cass. 19 aprile 2006 n. 9065).

La giurisprudenza tributaria, comunque scarna in materia, si è interrogata in merito agli effetti della trasformazione societaria sui debiti della società nei confronti dell’Erario per il periodo ante trasformazione (il caso classico consiste nei debiti a titolo di IVA e IRAP).

Ci si potrebbe chiedere, in particolare, se la trasformazione della società, in epoca successiva a quella in cui si verificano i presupposti per il recupero a tassazione, possa liberare i soci.

Occorre, innanzitutto, premettere che i creditori, nell’ipotesi di trasformazione omogenea, non possono opporsi alla delibera di trasformazione, con la conseguenza che il loro consenso alla trasformazione può essere valutato solo ai fini della liberazione dei soci dalle obbligazioni pregresse (Cass. 7 agosto 2008 n. 21402).

Ciò posto, una risalente pronuncia della Corte di Cassazione nega che possa sussistere il consenso presunto per i debiti fiscali, sulla base della considerazione che la liberazione può avvenire solo se i creditori che acconsentono alla stessa hanno la disponibilità del credito, condizione che non si verificherebbe nell’ipotesi di crediti tributari (Cass. 26 aprile 1983 n. 2851; in generale sull’indisponibilità, Cass. 7 agosto 2008 n. 21402).

In ogni caso, la comunicazione al Fisco non può desumersi dalla sola registrazione della delibera di trasformazione.

Di contro, la Corte di Cassazione si è espressa in modo discordante con riferimento ai contributi previdenziali (Cass. 10 febbraio 1989 n. 827 opta per la disponibilità del credito; contra, Cass. 18 maggio 2001 n. 6810).Ne consegue che, in caso di accertamento emesso nei confronti di una società di persone, il socio è chiamato a risponderne in prima persona, nonostante egli non sia il soggetto passivo d’imposta e pure dopo la trasformazione. Condizione indispensabile, occorre sottolineare, è che l’Amministrazione finanziaria non abbia potuto preliminarmente soddisfarsi sul patrimonio della società, in base a quanto previsto dall’art. 2304 c.c.

Alla luce di tali considerazioni, è possibile ritenere legittima la notifica dell’atto impositivo e, segnatamente, della cartella di pagamento, nei confronti del socio sulla base dell’accertamento riguardante la società, ben potendo egli contestare il merito della pretesa mediante l’impugnazione congiunta degli atti presupposti, sempre che gli stessi non gli siano stati precedentemente notificati (principio per forza di cose complicato dall’accertamento esecutivo). 

a cura di Alice Boano e Alfio Cissello - EUTEKNE.INFO
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